Arnaldo Canali nacque a Parma il 23 marzo 1894. Dopo aver preso parte, come volontario, alla Prima Guerra Mondiale, intraprese gli studi universitari presso la facoltà di Giurisprudenza. Una volta conseguita la laurea, svolse per alcuni anni l’attività di avvocato praticante presso lo studio di Agostino Berenini.
Nel 1922, quando il Partito Nazionale Fascista ascese al potere, l’avvocato Arnaldo Canali si trovava già saldamente schierato all’opposizione, posizione che non tradì mai, nemmeno sotto la minaccia delle qualifiche di “segnalato” e di “soggetto pericoloso” affibbiategli dai fascisti già all’inizio del Ventennio, con conseguenze infauste – oltre che per la vita privata – anche per la carriera professionale dell’avvocato parmigiano.
Nel 1937 Arnaldo Canali, nel tentativo di far fronte alle esigenze economiche della famiglia, si recò in Africa Orientale, dove lavorò come impiegato. La riluttanza di Arnaldo ad obbedire, anche in quell’occasione, alle autorità fasciste decretò il suo allontanamento dal territorio africano.
Tornato in città, l’avvocato parmigiano, guardato con sospetto sempre crescente dalla polizia fascista, alla fine del 1940 decise di trasferirsi a Milano, dove trovò impiego presso l’Istituto Italiano di Previdenza.
Nel settembre del 1943 Arnaldo Canali, nel cui animo non si era mai assopita la fede antifascista, iniziò a collaborare con il Comitato di Liberazione clandestino sorto all’interno dell’azienda per cui lavorava e a prendere contatti con il Partito Comunista, al quale si era già avvicinato precedentemente.
Per conto del Partito, che in quel periodo, insieme ad altre forze politiche, si apprestava ad organizzare il movimento di Resistenza, Arnaldo Canali svolse un compito molto rischioso, che prevedeva il reclutamento di giovani renitenti alla leva con l’obiettivo di indirizzarli verso la Lotta di Liberazione.
Il 13 luglio 1944 l’avvocato antifascista Canali, che, come si è visto, già nel settembre del ‘43 aveva scelto di collaborare attivamente alla Resistenza, fu tradito da una spia fascista che si era finta recluta. Alla delazione seguirono l’arresto e la prigionia presso il carcere di San Vittore, nel 7° raggio del reparto tedesco.
Da quel momento Arnaldo non conobbe più la libertà: da San Vittore fu trasferito nel campo di Bolzano, da dove fu infine deportato nel lager di Flossenbürg, in cui trascorse gli ultimi istanti della sua vita.
Egli arrivò a Flossenbürg il 7 settembre 1944 e la sua permanenza nel campo durò fino al 16 novembre del medesimo anno, quando, secondo la testimonianza di alcuni compagni di prigionia, fu percosso con uno scudiscio fino alla morte e condotto al crematorio.
Così terminò la vita di Arnaldo Canali, un concittadino di raro coraggio, che visse e morì per la sua fede antifascista. Come racconta la moglie Maria in un testo biografico che ripercorre le vicende più importanti della vita del marito – oggi conservato presso il fondo “Arnaldo Canali” dell’archivio dell’Istituto della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma – Arnaldo, dinnanzi ad un rappresentante della Repubblica sociale italiana che lo stava interrogando, disse fieramente: “Ero, sono e sarò sempre antifascista”.
La pietra d’inciampo che reca il nome di Arnaldo Canali, dunque, rappresenta un baluardo non solo per la memoria di un Partigiano, ma anche per il ricordo del sacrificio di un uomo in nome del suo amore per un ideale di libertà, così strenuamente difeso e, allo stesso tempo, pagato con la sua stessa vita.
Fonti:
- M. Minardi, Avvocati antifascisti deportati nei campi di concentramento del III Reich, in Documentare la memoria. La deportazione da Parma. Giornata della memoria 2014-2015-2016, Parma, Istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea di Parma, 2017, «Materiali per la didattica della storia» 22, pp. 67-77.
- Il libro dei deportati, a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia, Milano, Mursia, vol. I, t. I, p. 456.
- Banca dati “Caduti della Resistenza parmense”, disponibile nel portale “Parma ‘900” realizzato da ISREC Parma.
- Archivio ISREC Parma, fondo “Arnaldo Canali”.