Armando e Roberto Bachi

Armando e Roberto Bachi
Le pietre d'inciampo sono state posate l'11 gennaio 2020 in strada provinciale Pilastro 4 a Torrechiara (Langhirano, Parma).

Armando Bachi, nato nel 1883 a Verona, fu a capo della Divisione motorizzata Po di stanza a Piacenza fino all’ottobre 1938, quando, in seguito all’emanazione delle leggi razziali fasciste, fu destituito dal proprio incarico e messo a riposo.

Proprio in quel periodo, Armando, insieme alla moglie Ines Bassani e al figlio Roberto, nato a Torino il 12 marzo 1929, decise di trasferirsi a Parma, dove si trovavano alcuni parenti.

Dopo l’8 settembre la famiglia Bachi, per sfuggire ai rastrellamenti, si rifugiò a Torrechiara di Langhirano presso la villa del colonnello Albertelli, amico fraterno di Armando.

Il tentativo di Albertelli di salvare la famiglia di amici non ebbe l’esito sperato: il mattino del 16 ottobre 1943 Armando e Roberto furono arrestati da una pattuglia di SS e trasferiti al comando militare di Salsomaggiore, da dove furono poi condotti nel carcere di San Vittore a Milano.

La detenzione fu molto dura, soprattutto per Armando: come testimonia una lettera (conservata presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma, Fondo “Bachi”) di Bianca Maria Morpurgo, una donna sopravvissuta alla Shoah, inviata alla moglie di Armando Bachi nel febbraio del ‘46, l’uomo fu ricoverato all’ospedale Niguarda per le percosse e i maltrattamenti subiti da parte delle SS.

Una volta rientrato in carcere dal nosocomio, Armando, che durante il ricovero in ospedale aveva più volte rinunciato alla fuga pur di non lasciare da solo il figlio in carcere, non ritrovò più Roberto, che era già stato deportato, il 6 dicembre 1943, nel campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Da quel momento i due non si sarebbero più incontrati: Armando fu deportato ad Auschwitz il 30 gennaio 1944 e, il giorno stesso del suo arrivo, il 6 febbraio, fu mandato direttamente alle camere a gas, perdendo ogni possibilità di poter rivedere il figlio; Roberto riuscì a sopravvivere un po’ più a lungo, ma non scampò alla morte nel campo.

In memoria di Roberto Bachi è stata posta una lapide e una pietra d'inciampo presso la scuola elementare "Mordani" di Ravenna, frequentata da Roberto prima delle leggi razziali. E' stato inoltre realizzato un breve documentario dal titolo "Roberto Bachi. Uno stato di perfetta innocenza"

Fonti:

- M. Minardi, Invisibili. Internati civili nella provincia di Parma, 1940-1945, Bologna, CLUEB, 2010, pp. 177-178, 277-278.

- M. Minardi, I bambini di Parma nel lager di Auschwitz, Parma, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, 2003, p. 24.

- Archivio ISREC Parma, Fondi personali, fascicolo Roberto Bachi.

- L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia 1943-1945, Milano, Mursia Editore, 1995.

- Banca dati relativa agli ebrei vittime della persecuzione e deportazione dall’Italia fra il 1943 e il 1945 consultabile sulla piattaforma digitale “I nomi della Shoah” realizzata dal CDEC, “Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.