Aristide Zanacca

Aristide Zanacca
La pietra d'inciampo è stata posata il 27 gennaio 2022 in via Corso Corsi 58, Parma

Aristide Zanacca, detto Morén, nacque a Parma il 20 aprile 1903, in borgo Torto 70 (attuale via Corso Corsi) – uno dei borghi popolari di “Parma nuova” – terzo di quattro figli, il padre Carlolippo calzolaio, la madre Amelia Marchi orlatrice. Ardito del popolo e comunista, a 19 anni partecipò alle barricate dell’agosto del ’22, erte contro i fascisti che avevano assediato la città, combattendo proprio in difesa di borgo Torto.

Dopo che il fascismo giunse al potere, Zanacca mantenne il suo atteggiamento ostile nei confronti del nascente regime, che gli costò una sorveglianza sempre più pressante da parte della polizia. Le leggi fascistissime, emanate tra il 1925 e il 1926, e l’arresto – con il successivo invio al confino – di molti oppositori politici, spinse Morén ad espatriare nel marzo del ‘26 in Francia. Da questo momento in poi la sua vita di sovversivo si sovrappose a quella del migrante italiano, simile per certi versi a quella di tanti altri antifascisti costretti in quei mesi a fuggire dall’Italia.

Partito da Parma, giunse ad Angeviller, lavorando per sei mesi in una miniera di ferro, poi ad Hayange, dove lavorò per tre anni come operaio. Nel 1929 si trasferì a Parigi, trovando occupazione presso la ditta Kioppis con sede in Rue de Courcelles, fino al 1931 quando rimase disoccupato. Senza lavoro e, probabilmente, in stato di indigenza, nei mesi successivi fu arrestato per diversi furti, scontando alcuni mesi di carcere, e subendo sette provvedimenti di espulsione. Aristide eluse però la condanna e restò in Francia sotto falso nome, trasferendosi a Marsiglia nel 1938, per poi tornare a Parigi, dove fu nuovamente arrestato e, infine, rimpatriato in Italia nell’estate del 1939.

La sua vita in Francia è a noi nota grazie al suo fascicolo conservato nello schedario politico, egli fu infatti sottoposto a continua sorveglianza da parte del tentacolare sistema poliziesco fascista: i documenti riportano i suoi spostamenti, le sue frequentazioni e la sua condotta politica. Sappiamo che continuò a frequentare abitualmente ambienti sovversivi italiani, tra cui il ristorante franco-italiano sito al n. 16 del Passage Stinville a Parigi, gestito dal connazionale Silvio Spaggiari. Fu soprattutto un articolo del giornale francese “Le Matin” del 31 ottobre 1938, dal titolo “Les indesiderables”, a riportare all’attenzione del fascismo il nome di Aristide Zanacca: il quotidiano informava infatti dell’arresto di quattro italiani (assieme a Zanacca, Pietro Galli, Luigi Carini e Pietro Garetti), accusati di vari reati, i quali si dichiararono rifugiati politici. La vicenda allertò le autorità italiane e – su richiesta del Ministero dell’Interno – riattivò un nuovo giro di indagini da parte della polizia.

Il 2 agosto 1939, Ariside Zanacca, munito di foglio di via obbligatorio, fu rimpatriato in Italia, tornando a Parma e stabilendosi laddove era nato e cresciuto: in via Corso Corsi 58 (ex borgo Torto), a pochi metri dall’abitazione dei propri genitori. Dopo una breve parentesi militare – fu richiamato alle armi e subito dopo congedato – lavorò come operaio presso la ditta Borsani e, nell’aprile 1942 fu incluso – non sappiamo se per sua volontà o coattamente – nell’elenco dei lavoratori da inviare in Germania, espatrio che gli fu però rifiutato a causa dei suoi precedenti politici.

Con i fatti successivi all’8 settembre 1943, Aristide riprese la lotta antifascista, riallacciandosi idealmente alle battaglie di vent’anni prima, combattute dietro le barricate di borgo Torto. Un appunto dell’Ufficio politico investigativo, scritto il 27 giugno 1944, lo descrive come “pericoloso comunista, fiduciario dei partigiani, accompagnatore di disertori in montagna”, poche settimane dopo – l’11 luglio – la polizia fascista si presentò nella sua abitazione di via Corso Corsi 58 per arrestarlo, senza però trovarlo. Le vicende successive sono a noi oscure, sappiamo che fu arrestato in città, per poi essere deportato nel campo di Bolzano. Da qui, l’8 gennaio 1945, fu inviato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove – il 28 febbraio 1945 – morì, probabilmente di stenti e di lavoro, all’età di 42 anni.