A partire dal 1938, gli ebrei di Parma cominciarono ad essere sistematicamente ostacolati dalle autorità locali. Il contenuto delle cosiddette “leggi razziali” fu annunciato per la prima volta a Trieste, in piazza Unità d'Italia, il 18 settembre 1938, e venne affinato negli anni successivi, prima dal regime fascista e poi dalla Repubblica sociale italiana. I vari provvedimenti, legislativi e amministrativi, erano volti prevalentemente contro le persone di religione ebraica, prima stranieri e poi di cittadinanza italiana. Anche a Parma, dal '38 in avanti, cominciò una persecuzione sistematica e discriminatoria, che dal '43 avrebbe significato la cancellazione fisica. Le leggi furono applicate contro tutte le persone di origine ebraica, e anche all'interno delle università e degli istituti scolastici superiori. Già dal gennaio del '38, infatti, il regime aveva imposto il censimento degli studenti ebrei stranieri, seguito, a pochi medi di distanza, da quello dei docenti, ordinati e incaricati, degli assistenti e dei giovani ricercatori. Nella rete delle disposizioni razziali si ritrovarono quattro professori di ruolo: Alessandro Levi, Enrico Tullio Liebman, Walter Bigiavi e Guido Melli; un assistente volontario, Bruno Levi Della Vida; e un libero docente, Alberto Carmi.