Nato a Felino il 2 giugno 1910. Fu uno dei circa 600.000 soldati italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943: posto dinanzi alla scelta se collaborare con il Reich tedesco e con la costituenda Repubblica sociale italiana o se restare prigioniero, scelse la seconda, così come il 75% dei soldati finiti in mano tedesca. A questi ultimi però non fu assegnato lo status di “prigionieri di guerra” – che avrebbe concesso una serie di benefici sanciti dalla Convenzioni di Ginevra – bensì quello di “Internati militari italiani” (Imi) con la conseguenza di essere trattati peggio di tutti gli altri prigionieri militari, solo i sovietici subirono un trattamento peggiore.
Di Gino Ravanetti sappiamo poco: sposato con Caterina Graiani, soldato del 3° Reggimento artiglieria, batteria addestramento, fu catturato l’8 settembre 1943 a Bologna e internato in Germania, nello Stalag XI-B a Fallingbostel. Qui, il 20 marzo 1945, per cause a noi ignote fu fucilato dai tedeschi per rappresaglia e sepolto in una fossa comune. Di lui ci resta una cartolina inviata dal campo alla moglie il 27 aprile 1944:
Carissima Rina, sono a te con questa mia, spero sempre ti trovi in buona salute e così finora ne segue la mia. Ieri ti ho spedito un buono di un pacco, spero sempre che vai bene con la casa. Giuliano cosa fa? Baciamelo tanto, ricevi tanti bacioni e saluti a tutti! Sempre tuo
Fonti:
- Archivio della federazione parmense dell’Anrp, conservato presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma.