Davide Apfel, ebreo cecoslovacco, nel 1896 a Vienna sposò Rosa Wechsler; Apfel, insieme alla moglie e ai quattro figli, si trasferì poi in Italia, a Merano, dove la figlia Anni nel 1923 aveva aperto un negozio di pellicce. Anche David e la moglie iniziarono a lavorare nell’attività commerciale, che, nel frattempo, si era ampliata con ben due succursali, una a Cortina e una a Gardone Riviera. Quando, il 7 settembre 1938, entrò in vigore il decreto che imponeva l’espatrio agli ebrei stranieri giunti in Italia dopo il primo gennaio 1919, la famiglia Apfel fu costretta a lasciare la provincia di Bolzano e, nell’agosto 1939, trovò rifugio a Cavalese (Trento). Di lì a poco, Davide e Rosa dovettero abbandonare anche la località trentina e si spostarono a Gardone Riviera, sotto la continua minaccia di un’imminente espulsione. Dopo pochi mesi, nel luglio 1940, furono entrambi internati: Davide nel campo di Montechiarugolo, Rosa, invece, nel Comune di Montefiascone, in provincia di Viterbo, dove fu sottoposta al domicilio coatto. Apfel il 14 ottobre 1940 venne trasferito nel campo di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo, e, successivamente, nel campo di Ferramonti di Tarsia, nel cosentino. Nel frattempo, Rosa, ancora internata a Montefiascone, versava in pessime condizioni di salute e, per questo motivo, a Davide fu concesso, in via del tutto eccezionale, di lasciare Ferramonti e di ricongiungersi alla moglie. I coniugi riuscirono a ottenere un visto per entrare a Cuba e inviarono al Ministero dell’Interno la richiesta di lasciare l’Italia. La domanda fu tuttavia respinta: si accampò come scusa l’assenza di documentazione che attestasse l’effettivo acquisto dei biglietti e la data precisa della partenza. In verità, dalla stessa corrispondenza tra i coniugi e il Ministero dell’Interno, emerge che i due avevano già prenotato il viaggio in piroscafo e i posti a sedere. Ciononostante, la sentenza del Ministero era inappellabile: Davide e Rosa non potevano espatriare. La donna rimase a Montefiascone, dove morì il 5 dicembre 1942, mentre il marito fu trasferito nel parmense, a Sala Baganza, dove dovette seguire le rigide norme dell’internamento libero: doveva presentarsi presso gli uffici comunali ogni giorno per firmare, non poteva varcare il perimetro comunale, doveva uscire di casa solo in orari prestabiliti, non poteva tenere con sé i documenti, non poteva parlare di politica, leggere giornali stranieri o possedere apparecchi radio; inoltre, per qualsiasi spostamento fuori comune, era obbligato a richiedere un’autorizzazione alla Questura di Parma.
Il 6 dicembre 1943 il Maresciallo capo della caserma dei Carabinieri di Sala Baganza si presentò dinnanzi alla casa in cui Davide era internato e lo arrestò, adempiendo così alle direttive della Questura, tenuta a sua volta a far rispettare le disposizioni contenute nella circolare n. 05 (30 novembre 1943) firmata da Guido Buffarini Guidi, ministro dell’Interno della RSI, che prevedeva l’arresto e l’internamento in campi provinciali di tutti gli ebrei residenti in Italia. Davide fu tenuto un giorno in caserma e, nonostante avesse più di settant’anni, non fu prosciolto dall’internamento, come avvenne, invece, per altri ebrei anziani, ma fu inviato nel campo di Scipione. Dopo due settimane, Davide, insieme ad altri due internati anziani, fu visitato da un medico, che dichiarò che i tre versavano in condizioni di salute non compatibili con la detenzione nel campo. Di loro soltanto Davide, dopo un breve ricovero in ospedale, rientrò nel campo, mentre gli altri non furono fatti rientrare. La spiegazione del mancato proscioglimento di Davide si può forse trovare in una lettera inviata dal Prefetto di Brescia al Prefetto di Parma, in cui Apfel veniva definito “intimamente avverso al fascismo e al nazismo”.
Il 9 marzo 1944 Davide venne trasferito da Scipione al campo di Fossoli, dove rimase fino al 5 aprile. Quel giorno fu fatto salire su un convoglio che, nel giro di cinque giorni, lo avrebbe condotto ad Auschwitz. Apfel, appena giunto nel campo di concentramento e di sterminio polacco, fu subito inviato alle camere a gas, dove fu assassinato il 10 aprile.
Fonti:
- M. Minardi, Tra chiuse mura. Deportazione e campi di concentramento nella provincia di Parma 1940-1945, Montechiarugolo, Comune di Montechiarugolo, 1987.
- M. Minardi, Invisibili. Internati civili nella provincia di Parma, 1940-1945, Bologna, CLUEB, 2010.
- Archivio di Stato di Parma, fondo “Questura”, “Gabinetto”, “Ebrei”.
- Banca dati relativa agli ebrei vittime della persecuzione e deportazione dall’Italia fra il 1943 e il 1945 consultabile sulla piattaforma digitale “I nomi della Shoah” realizzata dal CDEC, “Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea”.
- Database “Ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico”, a cura di Anna Pizzuti.
- Pietre d’inciampo a Merano. 33 biografie, edito da https://www.meranohistory.eu/it/